Essere operatori sociali, oggi, significa stare in mezzo alle fratture del mondo. Significa indignarsi davanti all’ingiustizia, disobbedire alle logiche che normalizzano esclusione e sfruttamento, essere disarmanti nei rapporti di potere e nelle relazioni di accoglienza e di cura.
Siamo indignatə perché rifiutiamo l’ingiustizia come normalità.
Siamo disobbedienti perché vogliamo spezzare l’anestesia dell’abitudine.
Siamo disarmanti perché scegliamo la relazione come atto politico.
La pace è presenza di giustizia. È un lavoro collettivo, quotidiano, ostinato. È la scelta di abitare il mondo non con rassegnazione, ma con una speranza organizzata. Pace non è una parola gentile. È un’azione concreta. Radicata. Collettiva. La pace non si conquista una volta per tutte. È fragile, intermittente, spesso invisibile. Ma proprio per questo è potente: perché si ricostruisce ogni giorno, con gesti che sembrano piccoli e invece cambiano il mondo.
Contro gli effetti e le derive delle crisi contemporanee, vogliamo praticare una resistenza umanistica e costruire alternative. Ogni giorno. Dove, nel nostro agire, siamo già disarmanti? Dove abbiamo praticato accoglienza, cura, giustizia? E da dove possiamo ricominciare per generare anticipazioni di futuro?
Abbiamo bisogno di una nuova complicità resistente. Una complicità che unisca soggetti diversi, visioni differenti, pratiche quotidiane e trasformazioni collettive. Resistere oggi significa non solo opporsi agli effetti della crisi, ma anche anticipare nuove possibilità: immaginare insieme ciò che ancora non c’è e provare a dargli forma. Questo vuol dire intrecciare generazioni, mettere in dialogo culture, condividere risorse sociali ed economiche, anche se scarse. Vuol dire assumersi una responsabilità civile e politica che guarda avanti, al futuro di tutti e tutte.
E allora, costruire alternative diventa un esercizio quotidiano. Comincia dal riconoscere i luoghi e i momenti in cui siamo già riusciti a disarmare, ad accogliere, a prenderci cura. Continua nel chiederci, insieme, da dove ripartire. E si rinnova ogni volta che liberiamo le nostre aspirazioni e le trasformiamo in anticipazioni concrete di futuro.
PROGRAMMA
11 dicembre 2025
Centro Sociale Ca’ Rapillo, Via Acquatino 2A, Spello
13.45 | Aperitivo di benvenuto
14.15 | Saluti e apertura dei lavori
14.30 | Plenaria – Parole che aprono
Indignatə, Disobbedienti, Disarmanti: posture verso la pace
Elena Pasquini, giornalista, e Ivan Grozny Compasso, giornalista, dialogano con Alessia Pesci, CNCA
16.00 | Tavola rotonda plurale – Abitare le contraddizioni
Che voce hai perso per sopravvivere? Nel lavoro sociale, nell’accoglienza e nella cura quotidiana spesso mettiamo a tacere parti di noi: rabbia, visione, dissenso, sogno. Come ridare parola a ciò che abbiamo messo da parte per far funzionare tutto? Quanto le organizzazioni oggi sono pratiche di pace?
Intervengono:
Walter Massa, presidente Arci
Raffaella Dispenza, vicepresidente Acli
Caterina Pozzi, presidente CNCA
Carlo Cefaloni, Economia disarmata, Focolari Italia, Città Nuova
Conduce don Armando Zappolini, CNCA
17.30 | Stazioni di disobbedienza creativa – Incontri paralleli
Gli incontri saranno in diversi spazi della città e partono da una domanda generativa, perché le buone domande aprono nuove strade!
1. Disarmanti nell’economia e nei conflitti (Centro sociale Ca’ Rapillo)
Come smettere di servire un’economia di guerra? Quali pratiche disarmanti possiamo costruire contro la cultura della repressione?
Con Giulio Marcon, Sbilanciamoci!, e Paolo Cattaneo, CNCA
2. Parole per non disunirci (Centro sociale Ca’ Rapillo)
Chi non stiamo ascoltando? Come rendere i nostri linguaggi plurali, inclusivi e decolonizzati?
Con Duccio Facchini, Altreconomia, e Jenny De Salvo, CNCA
3. Quando la cura è resistenza (sala del palazzo del Comune di Spello, piazza della Repubblica)
E se la pace fosse un’estensione della cura? In che modo i nostri servizi parlano di pace?
Con Roberto Malinconico, presidente Associazione Melagrana e direttore UOC Dipendenze comportamentali ASL Caserta, e Fedele Salvatore, CNCA
4. Corpi in dissenso (sala del palazzo del Comune di Spello, piazza della Repubblica)
Come abitare lo spazio pubblico in modo trasformativo? Quali nuovi protagonisti nelle pratiche di protesta nonviolente?
Con Giulio Giuli, Ultima Generazione, e Massimo Ruggeri, CNCA
5. Facilitatrici di pace (sala del palazzo del Comune di Spello, piazza della Repubblica)
Quali pratiche femminili per nuove possibilità di pace e per unire cura e resistenza? Come trasformare i conflitti senza spegnere la resistenza?
Con Nicoletta Dentico, giornalista ed esperta di salute globale e diritti umani, e Silvia Dalla Rosa, CNCA
20.30 | Cena comunitaria al Centro sociale Ca’ Rapillo
Dopo cena musica e intrattenimento con Collettivo Creativo
12 dicembre 2025
9.00 | Ritrovo alla chiesa di San Girolamo
Incontro davanti alla chiesa dove riposa Carlo Carretto e momento di riflessione con intervento dedicato alla sua figura di Marco Vincenzi, CNCA
Inizio del cammino collettivo
10.15 | Tappa con momento di riflessione sul Cantico delle Creature (piazzetta della Loggia; in caso di maltempo nella Sala dell’editto del Comune di Spello)
Un testo che risuona come un invito urgente: ricucire le fratture — tra noi e la natura, tra noi e gli altri, tra ciò che produciamo e ciò che distruggiamo.
Intervengono Paola Fabbri, Silvia Rizzato e Fedele Salvatore, CNCA, e Enrico Mancini, Comunità La Tenda Coop. Soc.
Durante il tragitto porteremo il “SUDARIO DEI BAMBINI” realizzato dai volontari del gruppo spontaneo Carnia per la Pace. Un telo bianco, lungo 23 metri e largo 7 metri e mezzo, con i nomi di 18.457 bambini palestinesi uccisi a Gaza dal 7 ottobre 2023 al 31 luglio 2025.
12.00 | Arrivo a Ca’ Rapillo
12.00-13.30 | Plenaria finale – Azioni radicali per tempi difficili
Riflessioni conclusive
Intervengono:
Stefania Proietti, presidente Regione Umbria*
cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini (videomessaggio)
*In attesa di risposta
MAPPE DI LAVORO
Parole-ponte, non contenitori
Le parole non possono dire tutto, ma possono tenere insieme. Sono portali, non scatole chiuse.
Parole come pace, ecologia, Mediterraneo, prossimità, diritti, abitare non servono a riassumere, ma ad aprire visioni, a fare da ponte tra dimensioni diverse. Molte organizzazioni già praticano pace, ecologia, diritti — anche se non li chiamano così. Rileggere ciò che facciamo con occhi nuovi significa riconoscere il cambiamento che è già in atto.
Mediterraneo → intreccio di migrazioni, colonialismo, ecologia, geopolitica, culture.
Pace → ponte tra giustizia sociale, disarmo, convivenza, cura, coesione territoriale, trasformazione nonviolenta dei conflitti.
Posture → il modo in cui ci si colloca nel mondo, un equilibrio sottile tra ciò che siamo e ciò che scegliamo di diventare
Linguaggi
– Usare parole che uniscono, non che dividono.
– Contrastare la retorica bellicista e polarizzante.
– Raccontare storie di cooperazione, inclusione e giustizia.
Pace nei servizi di accoglienza
– Ogni volta che accogliamo, disarmiamo.
– Ogni relazione educativa che si prende cura è un gesto politico di pace.
– Le nostre pratiche sono già un’altra economia, di un’altra società.
– Costruire convivenza e ascolto è un atto di resistenza.
– La pace è una forma collettiva di cura: è ciò che facciamo, ogni giorno.