Legambiente – bilancio finale della campagna “Che Caldo Che Fa! Contro la cooling poverty: città + fresche, città + giuste”
07 Agosto 2025
Roma, 6 agosto 2025 Comunicato stampa
Il bilancio finale della campagna di Legambiente “Che Caldo Che Fa! Contro la cooling poverty: città + fresche, città + giuste”
sull’impatto del caldo nelle aree urbane
Dalle 171 termografie scattate in 10 quartieri di Roma, Napoli, Bologna, Milano e Palermo al centro del monitoraggio, registrata una temperatura ambientale media di 35,4°C, con la massima di 43°C a Napoli (Secondigliano) e la minima di 29,5°C a Bologna (Murri).
Preoccupa la temperatura media delle oltre 500 superfici monitorate, ben 45,6°C e i picchi massimi che hanno registrato una media di 75,5°C (min. 63,7°C a Barca, Bologna, max. 85,4°C nel quartiere Argonne a Milano)
Legambiente: “Le elevate temperature che possono raggiungere le superfici influiscono sulla temperatura dell’ambiente circostante, su quella percepita dalle persone e sulle notti tropicali. Serve una governance climatica efficace, integrata e inclusiva, più infrastrutture verdi e blu, ma occorre anche ripensare la tipologia di materiali utilizzati negli spazi pubblici e creare più ‘rifugi climatici’, come si sta facendo in diversi territori”.
A Rispescia (GR), località ENAOLI, nella giornata di apertura della 37esima edizione di Festambiente, Legambiente inaugurerà due rifugi climatici attrezzati, i primi in provincia di Grosseto, nonché realizzati all’interno di un Festival nazionale
In Italia il caldo torrido si fa sentire a più riprese. E non c’è città e quartiere che sfugga alle temperature bollenti e alle ondate di calore. con la sua campagna “Che Caldo Che Fa! Contro la cooling poverty: città + fresche, città + giuste”, realizzata con il supporto di Banco dell’Energia e in collaborazione con la Croce Rossa Italiana, di cui si discuterà questa sera a Rispescia (in provincia di Grosseto, località ENAOLI) alla 37esima edizione di Festambiente, parlano chiaro. Dalle 171 termografie scattate da fine giugno al 27 luglio in 10 nei quartieri delle 5 città capoluogo al centro del monitoraggio e dove sono state mappate oltre 700 infrastrutture e servizi, è stata registrata una temperatura ambientale media di 35,4°C, con la massima di 43°C nel quartiere di Secondigliano, Napoli, e la minima di 29,5°C a Murri, Bologna. Le temperature medie delle 509 superfici monitorate (tra asfalto, cemento, sanpietrini, aiuole, macchine, ecc) si attestano, invece, a 45,6°C. Preoccupano i picchi massimi di temperature, che hanno registrato una media di 75,5°C, con un valore minimo di 63,7°C a Barca, Bologna, rilevato su una pavimentazione in mattonatura esposta al sole, e un valore massimo di 85,4°C nel quartiere Argonne a Milano, rilevata su un tappetino in gomma in un parco giochi esposto al sole.
I quartieri scelti per ogni città rappresentano realtà urbane profondamente diverse per caratteristiche edilizie, composizione sociodemografica e presenza di servizi e infrastrutture, che vengono colpite dalle ondate di calore in maniera similare, essendo nella stessa città, ma che offrono possibilità di risposta e riparo differenti per contrastare le elevate temperature. Viali alberati, ombreggiature, rifugi climatici, infrastrutture blu possono, infatti, fare la differenza e determinare un abbassamento delle temperature delle superficie irradiate dal sole. A tal riguardo dal monitoraggio di Legambiente le differenze più significative di temperature riguardano i tappetini antiurto alla base dei parchi giochi per bambini che hanno fatto registrare una differenza tra le temperature medie pari a 35,9°C, tra quando sono esposti ai raggi del sole (temperatura media rilevata 70,9°C) e quando sono ombreggiate (temperatura media rilevata di 35°C). L’asfalto passa da una media di 55,2°C, quando assolato, a 31,2°C in condizioni di ombreggiamento (la differenza di temperatura media è quindi di circa 24°C).
CALDO e Città da bollino rosso: Per Legambiente la foto scattata dal bilancio di “Che Caldo Che Fa!” dimostra in maniera chiara come la crisi climatica impatti sempre di più sulle aree urbane. Nella Penisola stando anche ai dati del Ministero della Salute, rielaborati da Legambiente, da fine maggio a luglio 2025 sono stati emanati 203 bollettini rossi/livello di allerta 3 per caldo torrido riguardanti 24 città sulle 27 monitorate. Un dato in crescita rispetto alla scorsa estate quando nello stesso periodo sono stati emanati 153 bollettini rossi/livello 3 (riguardanti 23 città sulle 27 monitorate).
Quattro le proposte che avanza oggi Legambiente per città più fresche e giuste e di cui si parlerà anche questa sera alla 37esima edizione di Festambiente, dove saranno inaugurati alle ore 18.30 presso la località ENAOLI, a Rispescia (GR), due rifugi climatici attrezzati, i primi in provincia di Grosseto e realizzati all’interno di un Festival nazionale.
Per l’associazione ambientalista: 1) È necessario che le città, come stanno già facendo alcune amministrazioni, si dotino di una governance climatica efficace e inclusiva attraverso l’elaborazione di una Strategia di Adattamento al Cambiamento Climatico e quindi di un Piano, integrato con strumenti fondamentali come il PUC, il PAESC e il Piano per il verde. In particolare occorre prevedere infrastrutture verdi e blu all’interno del tessuto urbano, come alberature, tetti e pareti verdi, parchi, giardini e fasce di vegetazione, in combinazione con infrastrutture naturali o seminaturali; 2) Integrare la sostenibilità ambientale con quella urbanistica con Regolamenti Edilizi che diano chiare indicazioni per l’adattamento ai cambiamenti climatici ripensando, ad esempio, la tipologia di materiali utilizzati negli spazi pubblici perché restituisca permeabilità al suolo e risponde meglio all’irradiamento solare nelle giornate più calde; 3) Bisogna realizzare, in ogni quartiere “rifugi climatici”, centri di raffrescamento naturali e di comunità, valorizzando cortili, giardini scolastici e spazi pubblici ombreggiati durante i mesi estivi. Parliamo di oasi di ristoro dal caldo. 4) Le politiche di adattamento climatico devono essere sviluppate con un approccio intersezionale.Inoltre, è necessario monitorare e realizzare una mappatura delle isole di calore da confrontare con dati e studi sulla carenza di servizi e degli indicatori socioeconomici dei quartieri, paragone che consente di identificare con precisione le aree urbane più vulnerabili da ogni punto di vista e pianificare interventi mirati a partire da questi quartieri.
“Le città – commenta Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – soffrono sempre più gli effetti della crisi climatica, dalle ondate di calore agli eventi meteo estremi. Con il bilancio della nostra campagna Che Caldo Che Fa! abbiamo voluto raccontare come il tema della crisi climatica sia anche associato a quello della ”“povertà di raffrescamento” portando in primo piano l’evidente contrapposizione tra quartieri, e mettendo in risalto come la scelta di abbattere/piantare alberature, o dei materiali per rivestire una piazza o un parco giochi, possano influire sulle temperature ambientali e sulle possibilità di adattarsi e resistere all’innalzamento delle temperature nelle città. Di fronte a queste evidenze, è necessario cambiare approccio per rigenerare strade, edifici e spazi pubblici delle nostre città in chiave di adattamento climatico, per permettere alle aree urbanizzate, e di conseguenza alle persone a partire da quelle più vulnerabili, di fronteggiare meglio il sempre più impattante fenomeno delle isole di calore”.
“La campagna “Che Caldo Che Fa!” ha messo in risalto una nuova e rilevante dimensione della povertà energetica ancora poco conosciuta, la cooling poverty, su cui la Fondazione sta lavorando da tempo – dichiara Silvia Pedrotti, responsabile Banco dell’Energia -. Le ondate di calore colpiscono aggravando, laddove le diseguaglianze sono più evidenti, le fragilità già esistenti; ad esempio, nei quartieri e nelle periferie delle città più densamente abitate, principalmente a causa di infrastrutture inadeguate. Come Banco dell’Energia, abbiamo sostenuto con convinzione Legambiente anche in questa iniziativa che si inserisce in un percorso ampio di contrasto al fenomeno, con l’obiettivo di promuovere il concetto di “giustizia energetica”, un aspetto centrale della nostra mission”.
FOCUS TIPOLOGIE DI SUPERFICIE E TEMPERATURE: Dal monitoraggio di Legambiente emerge che, il 30,5% delle temperature delle 509 superfici rilevate (ossia 155) ha mostrato valori inferiori a 35°C, il 20,6% una temperatura compresa tra 35-45°C, il 23,8% tra 45-55°C, il 16,3% tra il 55-65°C ed infine l’8,8% superiori ai 65°C (di cui il 2,4% ha superato addirittura i 75°C). Riguardo alle differenze più significative di temperature, a parità di tipologia di superficie, Legambiente segnala anche che le pavimentazioni fatte con materiali differenti dall’asfalto (mattonato, marmo, sanpietrini, etc) nel corso dei monitoraggi effettuati hanno fatto registrare una differenza di 20,9°C (passando mediamente dai 53,1°C in condizioni assolate ai 32,2°C in condizioni ombreggiate). Il terreno naturale (giardini, aiuole, sterrato) ha mostrato una differenza di temperature di 18,7°C tra le due diverse esposizioni, passando dai 51,2°C in condizioni assolate ai 32,5°C in condizioni ombreggiate. Le macchine restituiscono una fotografia di 68,2°C quando lasciate sotto il sole ad una di 37,5°C se riparate dai raggi del sole, con una differenza media di 30,7°C.
“La povertà di raffrescamento – commenta Mariateresa Imparato, responsabile giustizia climatica di Legambiente – rappresenta la nuova disuguaglianza urbana, un tema e un problema che va affrontato al più presto mettendo in campo interventi non più rimandabili partendo dai quartieri con una maggiore fragilità socioeconomica. Oggi diverse città europee stanno già dando l’esempio, l’Italia ha iniziato una lenta rivoluzione urbana ma deve accelerare il passo. Non dimentichiamo che le elevate temperature che possono raggiungere le superfici esposte al sole influiscono sia sulla temperatura dell’ambiente circostante sia su quella percepita dalle persone con conseguenze importanti sulla salute dei cittadini più vulnerabili. Inoltre, materiali come asfalto e cemento rilasciano il calore accumulato nelle ore diurne molto lentamente, contribuendo al verificarsi delle notti tropicali (in particolare se in presenza anche di elevati livelli di umidità), ossia quando la temperatura non scende sotto i 20°C, che mostrano un incremento notevole in tutte e 5 le città monitorate rispetto al periodo 2006-2015”.
Nota metodologica. Per i monitoraggi realizzati nell’ambito della campagna Che Caldo che fa è stata utilizzata una termocamera per rilevare le temperature a infrarossi, evidenziando differenze significative anche a pochi metri di distanza, a seconda dell’ombreggiamento e dei materiali di pavimentazione. Associata alla termocamera, un termoigrometro, che ha registrato temperatura e umidità ambientale.
Luisa Calderaro
Capo Ufficio Stampa
Legambiente Onlus
Via Salaria 403
00199 Roma
tel. 06/86268353
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