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Giovani e Europa: la kermesse alla Sapienza con Romano Prodi

I recenti dati dell’Istituto Lorien confermano che l’Italia è, nella maggioranza, europeista  (si definisce così il 56% degli intervistati). La percentuale, però, è diminuita rispetto al passato e si pongono domande non più rimandabili: da dove deve ripartire l’Unione europea?

Un momento di riflessione condivisa oltre l’auto-celebrazione: questo il senso della sessione  “Conoscere, comunicare, dialogare, consultare: i giovani e l’Europa”, il 24 marzo a “La Sapienza” di Roma in occasione del 60° anniversario della firma dei Trattati di Roma. Tra le associazioni che vi hanno lavorato, anche il Forum Nazionale del Terzo Settore, che ha aderito all’appello “Cambiamo rotta all’Europa”.

Tanti i temi sul tavolo, tante le voci che hanno partecipato al dibattito: circa 100 gli attori della società civile che nella giornata del 24 marzo hanno evidenziato le criticità di un’Unione europea troppo spesso distante dalle esigenze dei cittadini, ma che nello stesso tempo credono negli enormi benefici, in termini di diritti sociali e individuali, che si possono trarre da un’Europa unita e pacifica. Diritti che necessitano di essere implementati, attraverso una presenza più forte e più “politica” dell’Unione europea.

Alla kermesse anche esponenti delle istituzioni di Bruxelles, come il presidente del Comitato europeo delle Regioni  Markku Markkula e Elly Schlein del Parlamento europeo. All’ex presidente della Commissione europea Romano Prodi, il compito non facile di provare a rispondere alle varie domande del pubblico: politica agricola europea, passato e futuro dell’Unione, oltre a un presente in cui avanzano sempre più decisi i populismi. E i giovani? A loro, dice Romano Prodi, suona quasi indifferente il fatto che l’Europa abbia vissuto 60 anni di pace, mentre appena fuori dai suoi confini europei, in Jugoslavia, divampava la guerra.

Non basta, evidentemente, la garanzia della pace, e allora ecco le domande ancora aperte: come far capire ai giovanissimi cos’è l’Unione europea? La risposta dovrà venire sì dalle istituzioni, ma contemporaneamente anche dalla società civile, dalle associazioni che lavorano per i diritti e il benessere dei cittadini, dai territori, dalle piccole realtà di ogni singolo Paese membro. Con la consapevolezza che solamente integrando la fascia di popolazione più giovane si riuscirà a costruire davvero un futuro europeo. 

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