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Censis-Confcooperative: cresce il lavoro irregolare. Il Forum: “Terzo settore sia al centro di piano nazionale”

“Negato, irregolare, sommerso. Il lato oscuro del lavoro”: questo il titolo dell’indagine Censis-Confcooperative (Più lavoro nero, così il sommerso ha fatto cassa con la crisi) che racconta come, in Italia, l’economia sommersa abbia fatto cassa con la crisi, stringendo la sua morsa sulla parte più esposta e meno difesa, cioè i lavoratori che a causa della difficoltà hanno accettato un lavoro a ogni costo.

Nel periodo 2012-2015, si legge nel report, mentre l’occupazione regolare si è ridotta del 2,1%, l’occupazione irregolare è aumentata del 6,3%, portando cosi a oltre 3,3 milioni i lavoratori che vivono in questo cono d’ombra non monitorato.

La graduatoria delle attività a più ampio utilizzo di lavoro sommerso vede ai primi posti quelle legate all’impiego di personale domestico da parte delle famiglie, secondo un tasso di irregolarità – dato dal rapporto fra occupati irregolari e il totale degli occupati – che sfiora ormai il 60% (quasi quattro punti in più nel 2015 rispetto al 2012).

La qualità del lavoro, il rispetto dei diritti delle persone, l’assolvimento dei doveri fiscali e contributivi sono pilastri delle imprese di un’economia sociale che guarda allo sviluppo umano oltre il particolare interesse economico“. Così ha commentato Eleonora Vanni, coordinatrice della consulta Economia Sociale del Forum Terzo Settore.

Nell’ambito dei servizi alla persona, da anni denunciamo un’area grigia dove si registra un tasso consistente di irregolarità del lavoro di “colf e badanti” che sono, peraltro, in prevalenza donne. Riteniamo“, ha proseguito Vanni, “che deduzioni mirate alle famiglie, e un piano strategico nazionale che veda la centralità del Terzo settore, ed in primis di tutte le organizzazioni che operano nel socio-sanitario e nei servizi di prossimità, possa aiutare la sostenibilità dell’impegno delle famiglie e la legalità del lavoro. Rimane centrale il fatto che il recupero dell’evasione consentirebbe comunque anche un maggiore investimento in welfare e servizi alle persone senza lasciare le famiglie ad affrontare da sole i problemi dell’assistenza familiare“.

Sul piano territoriale, riguardo all’incidenza del lavoro irregolare sul valore aggiunto regionale, Calabria e Campania registrano le percentuali più alte (rispettivamente il 9,9% e l’8,8%), seguite da Sicilia (8,1%), Puglia (7,6%), Sardegna e Molise (entrambe con il 7,0%).

Più lavoro nero, così il sommerso ha fatto cassa con la crisi

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