Gaza: oltre 100 ong chiedono l’accesso immediato di aiuti salvavita
24 Luglio 2025
Mentre l’assedio imposto dal governo israeliano affama la popolazione di Gaza, anche gli operatori umanitari si ritrovano costretti a mettersi in fila per il cibo, rischiando di essere colpiti, pur di nutrire le proprie famiglie. Con le scorte ormai completamente esaurite, le organizzazioni umanitarie assistono impotenti al deterioramento fisico dei propri colleghi e partner.
A due mesi dall’avvio della Gaza Humanitarian Foundation – un meccanismo controllato dal governo israeliano – 109 organizzazioni lanciano un appello urgente ai governi: aprire tutti i valichi terrestri; ripristinare il flusso completo di cibo, acqua potabile, medicinali, beni di prima necessità e carburante attraverso un meccanismo guidato dalle Nazioni Unite e fondato su principi umanitari; porre fine all’assedio e concordare un cessate il fuoco immediato.
«Ogni mattina, a Gaza, riecheggia la stessa domanda: oggi riuscirò a mangiare?», ha dichiarato un rappresentante di una delle organizzazioni firmatarie.
Le stragi nei punti di distribuzione alimentare sono ormai quasi quotidiane. Al 13 luglio, le Nazioni Unite hanno confermato che 875 palestinesi sono stati uccisi mentre cercavano cibo: 201 lungo la strada per raggiungere gli aiuti e gli altri nei punti di distribuzione. Migliaia sono i feriti. Le forze israeliane hanno inoltre costretto quasi due milioni di palestinesi a sfollare, l’ultimo ordine di evacuazione è stato emesso il 20 luglio, confinando la popolazione in meno del 12% del territorio di Gaza. Il Programma Alimentare Mondiale (WFP) avverte che le condizioni attuali rendono impossibile operare. L’uso della fame come arma di guerra costituisce un crimine di guerra.
All’interno e ai confini di Gaza, tonnellate di aiuti – cibo, acqua, medicinali, tende e carburante – restano bloccate nei magazzini, mentre le organizzazioni umanitarie non riescono a distribuirle. Le restrizioni, i ritardi e la frammentazione imposti dal governo israeliano nell’ambito dell’assedio totale hanno generato caos, fame e morte. Un’operatrice che fornisce supporto psicosociale ha raccontato l’impatto devastante sui bambini: «Dicono ai genitori che vogliono andare in paradiso, perché lì almeno c’è da mangiare».
I medici segnalano tassi record di malnutrizione acuta, soprattutto tra bambini e anziani. Si diffondono malattie come la diarrea acuta, i mercati sono vuoti, i rifiuti si accumulano e le persone crollano per strada per fame e disidratazione. Attualmente entrano a Gaza in media solo 28 camion al giorno, un numero del tutto insufficiente per oltre due milioni di persone, molte delle quali non ricevono aiuti da settimane.
Il sistema umanitario guidato dalle Nazioni Unite non ha fallito: gli è stato impedito di funzionare. Le organizzazioni hanno capacità e risorse per rispondere su larga scala, ma senza accesso non possono raggiungere nemmeno i propri team, ormai esausti e affamati. Il 10 luglio l’Unione Europea e Israele hanno annunciato misure per aumentare gli aiuti, ma queste promesse suonano vuote se non si traducono in cambiamenti concreti. Ogni giorno senza un flusso costante di aiuti significa nuove morti evitabili. I bambini muoiono di fame mentre aspettano promesse che non si realizzano.
I palestinesi sono intrappolati in un ciclo di speranza e delusione, in attesa di aiuti e cessate il fuoco che non arrivano. Non si tratta solo di sofferenza fisica, ma anche psicologica. La sopravvivenza è diventata un miraggio. Il sistema umanitario non può basarsi su promesse mancate, né gli operatori possono lavorare con scadenze incerte o aspettare impegni politici che non garantiscono accesso.
I governi devono smettere di aspettare il permesso per fare qualcosa. Non possiamo più sperare che gli attuali meccanismi funzionino. È il momento di agire con decisione: chiedere un cessate il fuoco immediato e permanente; eliminare tutte le restrizioni burocratiche e amministrative; aprire tutti i valichi terrestri; garantire accesso umanitario in tutta Gaza; rifiutare modelli di distribuzione controllati militarmente; ripristinare un sistema umanitario guidato dalle Nazioni Unite; continuare a finanziare organizzazioni umanitarie imparziali e indipendenti. Gli Stati devono adottare misure concrete per porre fine all’assedio, inclusa l’interruzione del trasferimento di armi e munizioni.
Soluzioni parziali e gesti simbolici – come i lanci aerei o accordi inefficaci – non possono sostituire le responsabilità legali e morali degli Stati. È ancora possibile salvare vite. Ma bisogna agire ora, prima che non ci sia più nessuno da salvare.
(FOTO: Save the Children)
Le organizzazioni firmatarie:
1. American Friends Service Committee (AFSC) 2. A.M. Qattan Foundation 3. A New Policy 4. ACT Alliance 5. Action Against Hunger (ACF) 6. Action for Humanity 7. ActionAid International 8. American Baptist Churches Palestine Justice Network 9. Amnesty International 10. Asamblea de Cooperación por la Paz 11. Associazione Cooperazione e Solidarietà (ACS) 12. Bystanders No More 13. Campain 14. CARE 15. Caritas Germany 16. Caritas Internationalis 17. Caritas Jerusalem 18. Catholic Agency for Overseas Development (CAFOD) 19. Center for Mind-Body Medicine (CMBM) 20. CESVI Fondazione 21. Children Not Numbers 22. Christian Aid 23. Churches for Middle East Peace (CMEP) 24. CIDSE- International Family of Catholic Social Justice Organisations 25. Cooperazione Internazionale Sud Sud (CISS) 26. Council for Arab‐British Understanding (CAABU) 27. DanChurchAid (DCA) 28. Danish Refugee Council (DRC) 29. Doctors against Genocide 30. Episcopal Peace Fellowship 31. EuroMed Rights 32. Friends Committee on National Legislation (FCNL) 33. Forum Ziviler Friedensdienst e.V. 34. Gender Action for Peace and Security 35. Global Legal Action Network (GLAN) 36. Global Witness 37. Health Workers 4 Palestine 38. HelpAge International 39. Humanity & Inclusion (HI) 40. Humanity First UK 41. Indiana Center for Middle East Peace 42. Insight Insecurity 43. International Media Support 44. International NGO Safety Organisation 45. Islamic Relief 46. Jahalin Solidarity 47. Japan International Volunteer Center (JVC) 48. Kenya Association of Muslim Medical Professionals (KAMMP) 49. Kvinna till Kvinna Foundation 50. MedGlobal 51. Medico International 52. Medico International Switzerland (medico international schweiz) 53. Medical Aid for Palestinians (MAP) 54. Mennonite Central Committee (MCC) 55. Médecins Sans Frontières (MSF) 56. Médecins du Monde France 57. Médecins du Monde Spain 58. Médecins du Monde Switzerland 59. Mercy Corps 60. Middle East Children’s Alliance (MECA) 61. Movement for Peace (MPDL) 62. Muslim Aid 63. National Justice and Peace Network in England and Wales 64. Nonviolence International 65. Norwegian Aid Committee (NORWAC) 66. Norwegian Church Aid (NCA) 67. Norwegian People’s Aid (NPA) 68. Norwegian Refugee Council (NRC) 69. Oxfam International 70. Pax Christi England and Wales 71. Pax Christi International 72. Pax Christi Merseyside 73. Pax Christi USA 74. Pal Law Commission 75. Palestinian American Medical Association 76. Palestinian Children’s Relief Fund (PCRF) 77. Palestinian Medical Relief Society (PMRS) 78. Peace Direct 79. Peace Winds 80. Pediatricians for Palestine 81. People in Need 82. Plan International 83. Première Urgence Internationale (PUI) 84. Progettomondo 85. Project HOPE 86. Quaker Palestine Israel Network 87. Rebuilding Alliance 88. Saferworld 89. Sabeel‐Kairos UK 90. Save the Children (SCI) 91. Scottish Catholic International Aid Fund 92. Solidarités International 93. Støtteforeningen Det Danske Hus I Palæstina 94. Swiss Church Aid (HEKS/EPER) 95. Terre des Hommes Italia 96. Terre des Hommes Lausanne 97. Terre des Hommes Nederland 98. The Borgen Project 99. The Center for Mind-Body Medicine (CMBM) 100. The Glia Project 101. The Global Centre for the Responsibility to Protect (GCR2P) 102. The Institute for the Understanding of Anti‐Palestinian Racism 103. Un Ponte Per (UPP) 104. United Against Inhumanity (UAI) 105. War Child Alliance 106. War Child UK 107. War on Want 108. Weltfriedensdienst e.V. 109. Welthungerhilfe (WHH)