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“Cambiamo rotta all’Europa”: le voci del mondo delle associazioni

Il 24 marzo, alla Sapienza di Roma, le voci di 100 attori della società civile, italiana e europea, si sono riunite in una sola nella richiesta di un’Europa unita, democratica e solidale. L’evento è stato organizzato dal Forum della Coalizione “Cambiamo rotta all’Europa” come momento di dibattito e riflessione prima della grande manifestazione di piazza del 25 marzo. Se da una parte, in occasione dei 60 anni dei Trattati di Roma, i capi di Stato dell’Unione si incontrano nelle sedi istituzionali, dall’altra i cittadini, singoli e organizzati in reti e associazioni, lanciano un appello per riportare l’Unione europea sul sentiero lungo il quale è nata: un sentiero fatto di valori sociali, di solidarietà, di politica pensata per la collettività.

All’interno del Consiglio Italiano del Movimento Europeo, promotore dell’iniziativa, diverse sigle associative. Ecco le motivazioni che le hanno spinte ad aderire all’appello.

Pier Virgilio Dastoli, presidente del Consiglio Italiano del Movimento Europeo: “Ci siamo riuniti e abbiamo condiviso lo slogan “Cambiamo rotta” non a caso, ma perché contiene due elementi importanti. Siamo infatti convinti che questi ultimi 10 anni l’Unione europea abbia modificato la sua rotta in senso sbagliato; il verbo “cambiamo”, poi, è perché crediamo che i governi non saranno in grado di cambiarla, e quindi l’unica soluzione è che siano i cittadini e le cittadine a farlo, attraverso la mobilitazione della società civile. L’Europa che vogliamo deve essere solidale, giusta, equa e democratica. I problemi dell’Unione in questi ultimi anni non soltanto non sono stati risolti ma si sono aggravati, e la mancanza di democrazia si accompagna a inefficienza e inefficacia”.

Francesca Chiavacci, presidente di Arci Nazionale: “I valori che hanno costruito l’Europa sono quelli della solidarietà; parliamo di un continente che subito dopo la guerra ha ricostruito una cultura solidale all’interno di Paesi diversi, una cultura che voleva abbattere le frontiere. Il problema è come in questi 60 anni questo bagaglio valoriale sia stato utilizzato, con l’attenzione che si è sempre più spostata sulle politiche economiche e tributarie. Queste, poi, hanno finito per prevalere sui valori fondanti, con la conseguenza che anche in Europa le frontiere si siano rialzate. C’era anche un progetto sociale dietro l’Europa: quello di riuscire a fare in modo che tutti i cittadini europei avessero un livello minimo di intervento pubblico, uno spazio a favore della cittadinanza attiva, della socialità, della salute, dell’assistenza ecc…”.

Roberto Rossini, presidente di Acli:” Scendiamo in piazza perché riteniamo che l’Europa in questo momento sia una forma di protezione e di custodia della nostra democrazia. Viviamo un’epoca in cui la globalizzazione ha spostato i confini cambiando il volto di questo mondo e imponendo una logica finanziaria che sta mettendo in difficoltà ogni Stato nazionale. Noi riteniamo che una delle strade da percorrere per proteggere le classi più deboli sia garantire l’esistenza di un soggetto politico molto forte, e questo soggetto può essere solo l’Europa. Tutti gli Stati fanno fatica oggi a reggere sul piano della legittimazione delle politiche sociali, mentre l’Europa può farlo”.

Stefano Lenzi, responsabile dell’ufficio relazioni istituzionali del WWF: “Quello che chiediamo è un’Europa che metta nel proprio corpo e nel proprio futuro la sostenibilità, gli accordi di Parigi sul clima e le energie pulite. Abbiamo aderito alla Coalizione perché in Italia vogliamo riaffermare i principi, accolti nella carta ma poco nei fatti, della sostenibilità ambientale, e abbiamo sottoscritto un appello a livello europeo diretto ai principali leader per cercare di incidere sulla dichiarazione di Roma che dovrà venire alla luce il 25 marzo”.

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