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Repubblica.it del 21/08/2017 su volontari e rimborsi spese

Nell’articolo apparso su Repubblica.it parlano protagonisti e osservatori del mondo del non profit: il presidente di Auser Enzo Costa, la portavoce del Forum Terzo Settore Claudia Fiaschi, il presidente di CSVnet Stefano Tabò e il presidente dell’Istituto Italiano della Donazione Edoardo Patriarca.

 

Ecco il testo dell’articolo di Ida Cappiello:

MILANO – Pagheremo i volontari? Il nuovo Codice del Terzo Settore, pubblicato il 2 agosto in Gazzetta ufficiale, introduce all’art. 17 la possibilità di rimborsare ai volontari le piccole spese – fino a 150 euro mensili – senza allegare i giustificativi, presentando un’autocertificazione sotto propria responsabilità. Una norma controversa, proposta dall’Auser, la “corazzata” del volontariato creata dai pensionati CGIL, e discussa accanitamente tra gli attori del non profit durante il lungo iter del Codice. Non piace a molti, infatti, l’idea che il volontario possa ricevere somme di denaro, sia pure piccole, senza documentazione. Si teme una breccia nel principio della gratuità.

I favorevoli: è solo una semplificazione. Niente di tutto questo, secondo il presidente dell’Auser Enzo Costa, che si è battuto personalmente per farla inserire nel decreto. “Guardiamo bene che cosa dice la norma. Dopo aver chiarito che i rimborsi forfettari sono sempre esclusi, prevede una semplificazione: per piccoli importi, fino a 10 euro al giorno e 150 al mese, il volontario può autocertificare la spesa, senza dover fotocopiare scontrini da un euro per il caffè o biglietti da due euro dell’autobus. Mi pare un fatto di puro buonsenso”. Tra l’altro, l’associazione deve stabilire in anticipo quali spese possono essere rimborsate con l’autocertificazione, e il volontario deve specificare che cosa ha acquistato, anche se non allega gli scontrini. “Quindi non si tratta di rimborsi forfettari, come tanti erroneamente li definiscono”. E se la possibilità del pranzo gratis attirasse nel volontariato persone prive di motivazione ideale? Costa risponde anche su questo. “E se anche fosse così per qualcuno? Se aiutasse a coinvolgere nell’impegno civile studenti, anziani, migranti? La persona comincia a partecipare, a uscire dal suo guscio. In Auser abbiamo fatto progetti per i giovani che prevedevano incentivi, e quando sono finiti, tantissimi sono rimasti a fare i volontari, perché la motivazione è nata strada facendo”.

Chi sono i volontari italiani? Quasi sette milioni di persone, di cui quattro stanno all’interno di organizzazioni (per approfondire, potete leggere il nostro articolo del gennaio 2017). Ma la maggioranza sono adulti e anziani, con alto livello di istruzione. Dunque è  necessario coinvolgere le nuove generazioni e le persone meno impegnate nella comunità: per loro, il volontariato diventerebbe anche uno strumento di partecipazione civile e un modo per coinvolgersi.

I contrari: così si apre al lavoro nero legalizzato. Secondo i contrari alla norma del Codice, il problema vero sta nel rischio che venga  mascherato da volontariato il lavoro da parte non di associazioni che hanno una storia e un’etica, ma da sedicenti non profit che nascondono attività con fine di lucro. Non dimentichiamo che i rimborsi di cui stiamo parlando saranno quasi certamente esenti da imposta, che la fame di lavoro è spaventosa e che l’evasione fiscale in Italia è quasi una virtù. Facciamo l’ipotesi di due realtà collegate, ad esempi un’associazione e una cooperativa sociale: casi molto frequenti in Italia. “Il cosiddetto volontario lavora per tutte e due le organizzazioni, di comune accordo, magari nella stessa sede e con le stesse mansioni. Incassa 300 euro al mese di rimborsi senza giustificativi e nessuno paga le tasse. Poi aggiunge un terzo lavoretto in un’altra organizzazione. Arriviamo a 450. Quante persone oggi si butterebbero su un lavoro da 450 euro al mese, magari part time, esentasse e senza bisogno per l’organizzazione di pagare la ritenuta d’acconto? Il rischio è concreto, inutile negarlo” argomenta Carlo Mazzini, noto consulente del Terzo settore. “Non solo. C’è il rischio che i critici del non profit possano attaccarsi a questa possibilità per sostenere la tesi “tanto sono tutti uguali”.

Patriarca: “Attenzione alla responsabilità”. Poco convinto anche se più cauto Edoardo Patriarca, deputato PD e presidente del Centro Nazionale Volontariato. “E’ vero che tenere gli scontrini del caffè o il biglietto del tram diventa un peso, per tanti anziani ad esempio, che fanno moltissimo volontariato. Anche per l’ente, il controllo dei giustificativi è oneroso e di solito costoso, perché spetta agli impiegati contabili. Attenzione però alla responsabilità: nei decreti ricade tutta sul volontario, mentre secondo me sarebbe dovuta ricadere sulle organizzazioni. Spero che le non profit si avvalgano di questa semplificazione con misura, solo nel caso che il volontario sostenga davvero spese piccolissime e molto frequenti. Per il resto, valga il principio della gratuità”.

I neutrali: può essere utile, ma attiviamo i controlli. Molto prudente la posizione dei CSV, i Centri di servizio per il volontariato, che tra l’altro sono essi stessi oggetto di una profonda riforma all’interno dello stesso Codice. “Il tema del rimborso spese forfettario ai volontari è stato uno dei punti più dibattuti nell’iter della riforma, nonostante siano in gioco somme molto contenute” dice il presidente di CSVnet, Stefano Tabò. “Ricordiamoci, però, che la pratica dell’autocertificazione, e lo stesso rimborso spese, non sono obbligatori e, pur se previsti dalla norma, non creano alcun diritto per i volontari, essendo lasciata ogni decisione alla singola organizzazione. Detto questo, non si diffonda una visione incentrata sulla sfiducia nei confronti di chi utilizzerà il meccanismo del rimborso forfettario. Sappiamo che nei rimborsi spese lo spazio per il grigio, finanche dell’illecito, esiste da sempre, ovunque e comunque, a prescindere dall’autocertificazione. Teniamo comunque gli occhi aperti e vigileremo”

Dibattito acceso nel Forum del Terzo Settore. Infine, il Forum del Terzo settore, la rete più rappresentativa del non profit italiano, che aggrega 81 reti di associazioni per un totale di 100mila sedi locali. All’interno del Forum il dibattito è stato acceso, ammette la portavoce, Claudia Fiaschi. “Le preoccupazioni non sono mancate, soprattutto sotto il profilo ideale, nel senso di indebolire il principio della gratuità assoluta del volontariato” dice Fiaschi. “Però si tratta in effetti di una semplificazione utile, non solo per il volontario ma anche per l’organizzazione, che attraverso l’autocertificazione riduce di molto il lavoro amministrativo, che spesso è un costo. Le truffe sono sempre possibili, ma è anche vero che il Codice del Terzo settore non si limita a semplificare procedure, ma introduce anche nuovi requisiti di trasparenza e un sistema di controlli molto più penetrante. E’ su quel fronte che bisognerà lavorare”.

Ida Cappiello – 21 agosto 2017

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