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Riforma dello sport: quale legame con il Terzo settore?

Da una prima lettura, i decreti legislativi approvati nel Consiglio dei Ministri fanno riferimento in più aspetti al tema del volontariato, al rapporto con le associazioni di promozione sociale, fino all’assenza di scopo di lucro. E sollevano numerosi dubbi

Articolo di Cantiere Terzo Settore

30 Novembre 2020

Martedì 24 novembre: il Consiglio dei Ministri ha approvato in esame preliminare cinque decreti legislativi di riforma dell’ordinamento sportivo in attuazione della Legge delega 8 agosto 2019 n. 86. I decreti ora devono essere esaminati dalla Conferenza Stato/Regioni per essere trasmessi alla Camere per l’espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari. Le Commissioni hanno 90 giorni dalla data di trasmissione per pronunciarsi, decorso tale termine i decreti potranno essere formalmente deliberati dal Consiglio dei Ministri, che potrà apportare modifiche ai testi, e quindi essere pubblicati in Gazzetta Ufficiale, il che avverrà verosimilmente a fine febbraio.

I contenuti dei provvedimenti entreranno in vigore il giorno successivo alla pubblicazione fatta eccezione per alcune disposizioni tra le quali quelle in materia di lavoro sportivo che entreranno in vigore con la nuova stagione sportiva, ossia dal 1° settembre 2021.

Si tratta di un lavoro imponente atteso che la Legge delega ha conferito al Governo il compito di disciplinare la governance dello sport, la disciplina civilistica e fiscale degli enti sportivi, la disciplina del lavoro sportivo, la rappresentanza degli atleti, le norme in materia di impianti sportivi e di sicurezza nelle discipline sportive invernali oltre che l’introduzione di disposizioni di semplificazioni” allude alla mole di istituti riformati con i provvedimenti citati nel periodo precedente.

Buona parte delle deleghe sono state esercitate anche se non nell’auspicata forma del Testo Unico ma attraverso diversi provvedimenti che rinviano a loro volta alla disciplina contenuta nel Codice civile, nel Testo Unico delle imposte sui redditi, nelle leggi di settore introducendo a tratti delle deroghe. Ci soffermiamo qui esclusivamente sulle disposizioni contenute nel provvedimento relativo agli enti sportivi ed al lavoro sportivo che rinviano alla disciplina degli enti del Terzo Settore (Ets) per cercare di comprendere la relazione tra questi due mondi.

L’articolo 5 prevede innanzitutto che gli enti sportivi dilettantistici, ricorrendone i presupposti, possono assumere la qualifica di Ets o di impresa sociale ma che “in tal caso, le norme del presente decreto trovano applicazione solo in quanto compatibili”.

Che le associazioni sportivo dilettantistiche (Asd)/Società sportivo dilettantistiche (Ssd) potessero astrattamente assumere la qualifica di Ets, al verificarsi dei presupposti di legge, non avevamo dubbi: tra i diversi contributi sul tema si segnala l’articolo “La riforma come opportunità per le associazioni (e le società) sportive dilettantistiche” di Antonio Fici, e l’articolo “L’associazione sportiva dilettantistica può scegliere l’iscrizione al RUNTS” di Gabriele Sepio, pubblicato su Il Sole 24 ore del 26/7/2019, oltre alla posizione assunta in merito dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare 18/2018.

Le indicazioni per i volontari
Dall’esame della disposizione citata emerge però un interrogativo rispetto alla diversa definizione di volontario contenuta nel Codice del Terzo Settore e nel decreto in esame.

Per gli Ets i volontari non possono ricevere rimborsi forfettari mentre il decreto in esame introduce la figura del volontario che effettua prestazioni sportive amatoriali che non può essere retribuito ma al quale possono essere riconosciuti rimborsi spese, anche forfettari nei limiti del plafond di 10.000 euro annui.

L’associazione sportiva dilettantistica di promozione sociale sembra quindi che non potrà riconoscere rimborsi forfettari a chi effettua “prestazioni sportive amatoriali” nel momento in cui le stesse vengono attratte nell’attività di volontariato. Su questo sarebbe opportuno un chiarimento.

Attività diverse: i dubbi per Asd e Ssd
Il provvedimento in commento prevede inoltre che le Asd/Ssd possono esercitare attività diverse da quelle sportive a condizione che l’atto costitutivo o lo statuto lo consentano e che abbiano carattere secondario e strumentale rispetto alle attività istituzionali, secondo criteri e limiti definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o provvedimento dell’autorità politica da esso delegata in materia di sport, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze.

L’introduzione di tale vincolo apre così dei dubbi sulle associazioni di promozione sociale (Aps)/associazioni sportive dilettantistiche che non svolgono esclusivamente attività sportiva dilettantistica ma realizzano altre attività di interesse generale. Se la disposizione ha un senso in relazione ad Asd che svolgono attività collaterali prettamente commerciali e non strettamente funzionali – vedasi l’attività di ristorazione – altrettanto si ritiene non possa dirsi con riferimento ad associazioni che offrono una proposta integrata ai propri soci di servizi sportivi, educativi (es: il dopo scuola), culturali (es: l’associazione che organizza accanto all’attività di danza anche l’educazione musicale e teatrale) o ricreativi di interesse sociale. La disposizione inoltre non fa eccezioni neppure rispetto ai contratti di sponsorizzazione grazie ai quali molti sodalizi sportivi riescono a sostenere economicamente le attività.

Cosa si intende poi per “carattere strumentale e secondario”, nozione tra l’altro non ancora definita dall’atteso decreto attuativo dell’articolo 6 del Codice del Terzo Settore? Le associazioni che oggi abbiano una doppia qualifica, corrono quindi alcuni rischi. Potrebbero, infatti, dismettere quella sportiva dilettantistica laddove svolgano anche attività diverse con modalità non secondarie e strumentali; in ogni caso, potremmo assistere ad un processo di scissione in un momento storico in cui l’oggettivo aggravio degli adempimenti burocratici dovrebbe viceversa portare le associazioni a processi di fusione per la ottimizzazione delle risorse.

Il tema dei collaboratori e il loro peso rispetto ai volontari
Di assoluto rilievo ai fini dell’assunzione della qualifica di Aps si segnala la circostanza che buona parte degli attuali collaboratori di Asd/Ssd ed organismi sportivi, oggi remunerati attraverso i cosiddetti compensi sportivi, saranno ricondotti nell’ambito degli ordinari rapporti di lavoro e conseguentemente saranno da computare ai fini del rispetto del vincolo della prevalenza dell’apporto dei volontari. Si ricorda infatti che l’assunzione della qualifica di Aps è subordinata alla circostanza che l’attività sia svolta prevalentemente da volontari e che il numero dei lavoratori impiegati nell’attività non sia superiore al 50% del numero dei volontari o al 5% del numero degli associati, comunicando in ogni caso al registro unico nazionale del Terzo settore i dati relativi a dipendenti e collaboratori coordinati e continuativi con tutela Inail. È pertanto possibile che il sodalizio non presenti più i requisiti per qualificarsi come Aps.

L’uniformità sull’assenza di scopo di lucro
In conclusione, si segnala un aspetto che uniforma la disciplina degli enti sportivi a quella degli Ets, ossia la definizione di assenza di scopo di lucro. Il provvedimento in esame rinvia infatti alla definizione contenuta nel decreto relativo alle imprese sociali e introduce inoltre il principio secondo cui è possibile una forma seppur limitata di distribuzione di utili nelle società (non associazioni) sportive dilettantistiche che, come per le imprese sociali costituite in forma societaria, potranno destinare una quota degli utili ad aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato dai soci oppure alla distribuzione di dividendi ai soci.

Viene altresì introdotta la possibilità per i soci delle società sportive dilettantistiche di vedersi rimborsato il capitale versato rivalutato o aumentato nel rispetto di determinati limiti.

Il testo in esame, come anticipato, è suscettibile di emendamenti: le valutazioni qui contenute pertanto potrebbero cambiare, non è detta l’ultima parola.

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