#Associati

“Il costo sociale e sanitario della sedentarietà”. La ricerca Uips-Svimez

Da Uisp, Svimez e Sport e Salute, i dati sui benefici della pratica fisica e sportiva, i riflessi delle disuguaglianze tra Nord e Sud, le proposte

Le differenze tra Nord e Sud Italia frenano la diffusione della pratica fisica e sportiva, con conseguenze negative per la salute, la spesa pubblica e lo stile di vita della popolazione, con particolare riferimento ai minori. Nel Centro Nord il 42% della popolazione adulta pratica sport regolarmente e il 26,8% saltuariamente. Nel Mezzogiorno le percentuali si invertono: la maggioranza pratica sport saltuariamente (33,2%) mentre la minoranza lo pratica abitualmente (27,2%). Il divario si riflette sulla percentuale di sedentari, con particolare riferimento per i minori: 15% nel Centro Nord e 22% nel Centro Sud. Nel Mezzogiorno diminuiscono le aspettative di vita che rimangono di 3 anni inferiori rispetto a quelle degli adulti centro-settentrionali.

Questa è la fotografia di estrema sintesi che emerge dalla ricerca “Il costo sociale e sanitario della sedentarietà”, realizzata da Svimez e da Uisp, con il sostegno di Sport e Salute SpA. La ricerca è stata presentata a Roma, nella sala Conferenze dello Stadio Olimpico, da Vito Cozzoli, presidente di Sport e Salute spa; Tiziano Pesce, presidente nazionale Uisp; Luca Bianchi, direttore di Svimez. Ha partecipato il sottosegretario al Ministero della Salute, Andrea Costa.

Qui è possibile scaricare la ricerca

La presentazione è stata trasmessa in diretta sulla pagina Facebook Uisp nazionale qui il video della presentazione

La ricerca ha indagato le differenze territoriali della pratica sportiva e le conseguenze sugli stili di vita consentendo di aumentare la conoscenza specifica del settore al fine di incrementare le azioni per la promozione dell’attività fisica e quindi del benessere dei cittadini. Quasi la metà dei meridionali non pratica alcuno sport, contro il 30% nel Centro Nord. Per di più appena il 20% delle persone nel Sud fa sport in modo continuativo. Le conseguenze di questo stato di cose sono evidenti: il 12,08% degli adulti meridionali è obeso rispetto a circa il 10% del Centro Nord, quasi un minore su 3 nella fascia tra i 6 e i 17 anni è in sovrappeso nel meridione, rispetto ad un ragazzo su cinque nel Centro Nord.

Mediamente, chi pratica regolarmente attività sportiva, vede ridotta la propria spesa sanitaria di 97 euro mentre i soggetti che non praticano attività sportiva vedono crescere la loro spesa sanitaria di 52 euro. Anche le abitudini e gli stili di vita sono importanti per spiegare la spesa sanitaria delle famiglie: un fumatore spende 87 euro in più l’anno. La crisi Covid ha aggravato la situazione, gli impianti sportivi pubblici penalizzano l’utenza nel Meridione, per questo servono interventi strutturali.

La ricerca ha indagato le abitudini sportive degli italiani con l’obiettivo di verificare la relazione che esiste tra attività fisica e sedentarietà, anche rispetto alle condizioni di domanda e offerta nelle diverse regioni italiane, con particolare riferimento al Mezzogiorno.

La ricerca si è posta anche l’obiettivo di stimare l’impatto economico del fenomeno della sedentarietà sul sistema sanitario nazionale, attraverso l’impiego di tecniche statistiche ed econometriche. Infine, sono stati approfonditi i gap che riguardano l’attitudine alla pratica sportiva tra il Mezzogiorno e il resto del Paese. Nella diffusione della pratica sportiva, pesano anche le disuguaglianze socioculturali. L’attitudine alla pratica sportiva non è omogenea nelle diverse regioni del Paese anche per una differente disponibilità di impianti e strutture organizzate.

La ricerca ha indagato gli stili di vita e i comportamenti del campione al fine di approfondire le abitudini circa il grado di attività e sedentarietà in Italia, in particolare in relazione ai cambiamenti e alle restrizioni legate alla pandemia da Covid-19 dell’ultimo anno. Il 26,2% degli intervistati ha dichiarato di non praticare alcuno sport.

La pratica sportiva degli adulti mostra però nel complesso una certa omogeneità tra Centro-Nord e Mezzogiorno, rispetto al campione degli under 16 dove emergono le maggiori differenze. È infatti negli under 16 residenti nel Mezzogiorno che compare un considerevole divario nella pratica sportiva agonistica che è pari all’ 8,6% sul totale degli under 16 intervistati, tre volte inferiore rispetto al Centro Nord (24,8%). Inoltre, il tasso di bambini e ragazzi sedentari al Sud è pari quasi al 22% rispetto al 15% registrato nel Centro-Nord. Infine, la pratica sportiva nei minorenni appare al Sud e nelle Isole molto più saltuaria (24,2%) se non assente.

Tra le ulteriori differenze che vengono alla luce, c’è quella che riguarda la tipologia di un impianto sportivo:

  • nelle regioni settentrionali più di uno sportivo su due utilizza un impianto sportivo di proprietà e/o gestione pubblica,
  • al Sud solo il 37,5% pratica sport in un impianto pubblico, mentre il 62,5% può praticare sport solo in un impianto privato.

Un divario inevitabilmente generato da una minore diffusione di impianti sportivi pubblici nelle regioni meridionali e insulari.

Se l’analisi viene condotta a livello regionale, si nota che l’offerta di impianti sportivi pubblici è maggiormente carente in Sicilia, dove la quasi totalità (il 90%) pratica sport in strutture a gestione privata. Le regioni che registrano le quote più basse sono Campania e Sicilia con valori intorno al 23%, seguite da Calabria e Puglia dove la pratica sportiva negli impianti pubblici riguarda circa il 30%.

Il Mezzogiorno si presenta speculare al Centro-Nord: nelle regioni del Sud si registrano infatti i picchi più bassi di attività sportiva continuativa e quelli più alti di sedentarietà. I sedentari si concentrano prevalentemente in Sicilia (55,22%) e Molise (53,04%), ma anche in Basilicata, Calabria e Campania si registrano quote di inattivi superiori alla metà della popolazione (poco al di sopra del 51%), valori che scendono invece in Puglia (43,68%) e in Abruzzo e Sardegna. In alcune regioni, come la Campania, a ciò si aggiunge un tasso di fumatori del 28,36%, più alto della media meridionale (26,25%).

La ricerca sottolinea come gli investimenti nell’impiantistica sportiva appaiono cruciali per favorire la pratica sportiva, in particolare di categorie di soggetti fragili e a rischio di esclusione sociale, e per incoraggiare e sostenere la pratica sportiva del target più giovane di bambini e ragazzi. In tal senso il coinvolgimento degli Enti pubblici locali e delle sedi territoriali dell’associazionismo sportivo appare fondamentale sia per l’attuazione di tali programmi regionali e la realizzazione di azioni specifiche, sia per la manutenzione di impianti preesistenti e di nuova costruzione.

Infine è proprio a livello locale che appare opportuno attivare un canale permanente di ascolto e monitoraggio dei bisogni e della domanda locale di pratica sportiva, soprattutto delle categorie più fragili, minori, anziani, disabili.

Quali policy d’intervento propone lo studio Svimez, Uisp e Sport e Salute?

Innanzitutto, rafforzare l’intervento pubblico nel settore dello sport è fondamentale per la produzione di benefici sociali diffusi per la collettività. E lo è altresì per la sostenibilità degli investimenti per l’impiantistica sportiva, in quanto il settore sportivo, soprattutto in relazione agli impianti, è ad alta intensità di capitale e presenta i più bassi indici di redditività nell’economia italiana.

Poi, bisogna scommettere sulla manutenzione degli impianti preesistenti, che è un fattore cruciale per l’erogazione di un servizio di qualità. L’auspicio, in particolare dopo la pandemia, è quello di un ritorno alle pratiche sportive abituali con conseguente aumento degli iscritti e del volume d’affari del settore. Inoltre, bisogna lavorare affinché l’intervento pubblico, a partire dalle risorse del PNRR, possa imprimere nuovo slancio al settore, sia per migliorare lo stato di salute psicofisico della collettività che per ridurre al minimo stili di vita poco salutari, soprattutto nelle generazioni più giovani.

La ricerca condotta con Svimez e Uisp conferma il divario tra attività fisica al Nord e al Sud – dice Vito Cozzoli, presidente di Sport e Salute SpA – È molto importante avere dei dati su cui lavorare per colmare il divario e porre in essere azioni che invertano la rotta. Come Sport e Salute ci proviamo ogni giorno con i progetti sulla scuola, sui quartieri disagiati, sull’inclusione e con un nuovo modello territoriale. Perché lo sport è un diritto. Di tutti”.

“La ricerca dimostra una correlazione tra stili di vita attivi e una pratica fisica e sportiva continuativa, con la possibilità di contenere i costi sanitari e guadagnare in benessere – dice Tiziano Pesce, presidente nazionale Uisp – la motivazione è quella di fornire indicazioni rivolte ai decisori pubblici e ai policy maker per incentivare una pianificazione di investimenti nello sport sociale e per tutti e nell’impiantistica sportiva di base, con particolare riferimento al Meridione. A tal riguardo le risorse messe in campo dal PNRR-Piano Nazionale Ripresa e Resilienza rappresentano un’autentica opportunità”.

Per il direttore della Svimez Luca Bianchi, “La ricerca fa emergere con chiarezza l’esistenza di divari territoriali nella diffusione della pratica sportiva, con effetti rilevanti sulla salute soprattutto dei ragazzi del Sud. È decisivo, soprattutto per il Mezzogiorno, riuscire a cogliere appieno l’opportunità delle risorse stanziate dal PNRR. Ciò consentirà non solo di superare la crisi del settore sportivo acutizzata dalla pandemia, ma soprattutto di ridurre le sperequazioni tra cittadini e territori, esacerbate dalla pandemia ma già preesistenti, con l’obiettivo di migliorare lo stato di salute psicofisico della collettività e congiuntamente nel medio e lungo termine di ridurre i costi pubblici e privati connessi a stili di vita sedentari e poco salutari”.

“Investire nello sport significa investire nella nostra comunità – ha detto il Sottosegretario di Stato al Ministero della Salute, Andrea Costa  Da parte della politica c’è un’assunzione di responsabilità verso lo sport come vettore di salute. L’emergenza pandemica ci ha rafforzato in questa consapevolezza. Non c’è sport senza salute: raccolgo le istanze che emergono da questa ricerca. C’è bisogno di una nuova e diversa consapevolezza della politica per leggere pratica fisica, sportiva e una salute migliore. C’è bisogno di interventi specifici, al di là di una necessaria e migliore infrastrutturazione di impianti sportivi, con particolare riferimento al Mezzogiorno”.

Il ministro della Salute, Roberto Speranza, invitato alla presentazione ma impossibilitato a partecipare, ha inviato un messaggio“È sempre più diffusa la consapevolezza dell’importanza dell’attività fisica nella promozione del benessere fisico e mentale di ogni individuo in tutte le fasi della sua vita – scrive il ministro – Movimento e sport costituiscono, infatti, fattori determinanti non solo per migliorare la salute e la qualità della vita, ma anche per favorire i processi di inclusione e di coesione nella società. Oggi più che mai appare prioritario avviare una collaborazione tra istituzioni e associazioni per contrastare la sedentarietà e le abitudini scorrette, creando su tutto il territorio nazionale  le condizioni infrastrutturali, culturali, economiche e sociali per diffondere la cultura della vita attiva. Ringrazio la Uisp per aver voluto promuovere una ricerca che evidenzia la necessità di intervenire per colmare le differenze territoriali della pratica sportiva e per garantire a tutti i cittadini, ovunque risiedano, la possibilità concreta di adottare stili di vita salutari”.

 

Collaborazioni

acri
anci
caritas
finanza sostenibile
fondazione triulza
istat
minstero del lavoro
Next
Social economy
welforum

Media partnership

Vita
Dire
redattore sociale
buone notizie